Gianni e Lilia
La loro foto, con il Ponte Vecchio e gli Uffizi nello sfondo, è stata scattata sulle rive dell'Arno nel 1962. Alex (cioè io, che sto scrivendo questo tributo) è arrivato circa un anno e mezzo dopo.
Gianni era il maggiore di quattro fratelli, Lilia la maggiore di tre, con due fratelli minori. Lavorava come cassiere in una banca quando mia nonna materna Francesca entrò e lo valutò rapidamente come qualcuno che sua figlia avrebbe dovuto conoscere. Un caso di opposti che si attraggono, senza dubbio. Lei era esuberante e un po' ribelle, lui era serio, riservato e sostanzialmente conservatore (anche se le sue idee politiche erano sempre orientate a sinistra). Ho molti ricordi di mia madre che, durante la colazione, decideva di invitare otto persone a cena e di mio padre che si disperava. Poi, una volta che tutti arrivavano, la conversazione si animava e mia madre riusciva in qualche modo a sfornare un piatto dopo l'altro dalla cucina, lui era raggiante. “Potresti sorprenderti”, gli dissi una volta in riferimento a qualcosa, ma ricordo chiaramente come quella frase divertì mio padre. Penso che ci vedesse qualcosa del suo matrimonio con mia madre.

Ogni matrimonio è una sorta di viaggio e il loro è stato lungo, in tutti i sensi. Da umili origini (entrambi hanno perso il padre all'indomani della seconda guerra mondiale), hanno unito grinta, intelligenza e coraggio per arrivare e poi accettare l'invito di Olivetti, il datore di lavoro di mio padre, a trasferirsi a New York alla fine degli anni Sessanta. Lì hanno prosperato, godendosi le dimensioni, l'energia e la complessità della città. Rimasero lì per oltre trent'anni.
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Poggiosole, acquistata nel 1998, fu il loro ritorno a casa. Avevano entrambi circa 70 anni e avevano sempre vissuto in centri urbani. All'inizio New York gli mancava, ma col tempo capirono che tutta quell'erba, quel sole e quell'aria fresca potevano rendere quel posto ideale per invecchiare.

“L'America è per i giovani”, dichiarò mio padre poco prima di tornare in Italia. Forse vero, e comunque un punto di vista comprensibile per un padre di famiglia la cui madre, i fratelli e le nipoti erano rimasti in Italia durante tutti gli anni in cui lui e sua moglie avevano vissuto all'estero. Aveva scommesso sulla possibilità di costruirsi una vita altrove e, anche se questo lo aveva allontanato dalle sue radici, per me una scommessa che lui e mia madre avevano vinto. Soprattutto, entrambi avevano reso possibile tutto questo all'altro. Mio padre, fra gli uomini più affidabili che io abbia conosciuto, non era certo un metalhead, ma in privato amava ascoltare il rock a tutta canna tanto quanto la Nona di Beethoven. Nel loro matrimonio lui era la roccia, lei dava il ritmo. Non è stato sempre tutto rose e fiori, ma certamente un bel viaggio.